![]() ![]() a cura di Oscar Testoni | ||||||||||||||||||||||
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L'albergo alpino Pederü a me, che lo conosco sin da quando ero un ragazzino, � noto con il pi� nobile nome di "rifugio". Posto in fondo alla Val di Rudo, era gi� raggiungibile in auto attraverso una strada che dalla cava di ghiaia in avanti diventava bianca: punto di partenza per le mie prime escursioni al Rifugio Fanes oppure ai rifugi Sennes (di solito saltavamo il Fodara Vedla) e Biella da cui poi si partiva per salire alla Croda del Becco (la mia prima cima alpinistica)**. Era segno che il riposo era imminente il suo tetto che si ingrandiva mano a mano che si scendeva gi� dalla ripida strada degli alpini a tornanti, stanchi e assetati, con 1265 metri di dislivello sulle gambe in salita e in discesa (stavo per entrare nella fascia denominata dei "teenagers"), ma con negli occhi i colori del Lago di Braies visto dall'alto, dei cieli, delle pallide rocce dolomitiche e dei verdi contrappunti di alti pascoli e di cirmoli e di pini mughi e nelle orecchie il loquace silenzio delle montagne solo di tanto in tanto interrotto dal rumore (e dalla puzza) delle jeep che facevano servizio per i pigri. "Rifugio" l'ho sempre chiamato, anche quando diventava base operativa di don Peppino o di qualche altro prete bolognese dell'ONARMO per celebrare la Santa Messa nell'antistante prato.
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