PASSEGGIATA AI GIARDINI
Il titolo della 49� Biennale d'Arte di Venezia � "Platea dell'umanit�".
Le aspettative, quando si visita una mostra internazionale, sono sempre
tante e quindi mi sono mossa tra i Giardini e l'Arsenale con la
disposizione d'animo di chi cerca qualcosa che ancora alteri lo spirito,
colpisca alla testa, dia emozioni importanti, faccia pensare e
coinvolga, faccia sentire protagonista e diverta, perch� no. Insomma,
quelle sensazioni che l'arte, credo, debba sempre trasmettere.
Quando si entra nel concreto, come capita spesso, ci si rende conto che
su cento artisti in mostra, se ne possono trovare forse dieci che
provocano almeno uno degli effetti descritti sopra e in particolare di
quanti artisti, non presenti a questa manifestazione, invece li
provocano. L'importante �, comunque, trovare ancora la voglia di
comunicare attraverso il linguaggio dell'arte con risultati pi� o meno
riusciti ma apprezzabili (almeno per l'impegno).
Tra i padiglioni dedicati alle nazioni partecipanti, senz'altro meritano
un occhio di riguardo quelli di Italia, Brasile, Corea, Venezuela e
dell'Uruguay. Gli artisti presentati hanno in comune un uso della
tecnica espressiva non fine a se stessa, ma idonea a "raccontare"
un'idea forte, un percorso mentale e la capacit� di farci percepire
l'arte con tutti i nostri cinque sensi.
Uno di questi � Ernesto Neto, brasiliano, che spera "in un'arte meno
perversa e pi� sensuale, un'arte che da sola ci riunisca verso una sorta
di luogo spirituale dove si possa respirare un'idea di infinito". Neto,
inoltre, vuole "un'arte che unisca gli uni agli altri". Sembrerebbe
troppo idealista il caro Ernesto, ma se non sono idealisti gli artisti
chi pu� esserlo? Vedere (e annusare) per credere.
Sempre nel padiglione brasiliano c'� Vik Muniz. L'artista compone grandi
immagini ben riconoscibili, impiegando le tacche di colore di stampa
utilizzate dai grafici e dai tipografi (pantone). Effetto visivo
coinvolgente e sensuale, dato dalle sfumature di colore in gradazione,
che avvicinate, una dopo l'altra, ricompongono l'immagine con la
sensazione che la singola tacca gi� conteneva parte di quell'immagine.
Nel particolare c'� l'universale.
Il padiglione coreano esibisce gli artisti Do-Ho Suh e Michael Joo, il
primo presente anche nel padiglione Italia e nei giardini, all'esterno.
Per Suh si pu� parlare di un ritmo visivo ossessivo, che trasforma un
piccolo oggetto in una texture spaziale dai forti contenuti espressivi.
In Joo sono invece i grandi "oggetti" naturali frammentati e
riassemblati, come un disegno "in esploso" ad occupare lo spazio del bel
padiglione coreano.
Quello venezuelano, invece, presenta gi� all'esterno (sugli alberi)
l'opera di Victor Hugo Iraz�bal, artista primitivo e fanciullesco che ci
parla di ecosistema e biomassa vegetale. Trasformazioni, riutilizzi,
origini e integrazioni con l'ambiente.
Al padiglione Italia ci aspetta la grande variet� di linguaggi delle
opere in esso contenute, rilevata quasi subito dalla "Piattaforma del
pensiero", una "raccolta" di opere, poste su un grande piano inclinato,
di artisti africani, sculture na�ves, statue indiane e cinesi, maschere
e tute da palombaro . e due opere di Rodin.
Gustose le opere di Peter Wanjau (piccole sculture fumettate e ironiche)
e, nonostante l'asetticit�, anche l'opera a "parole" su fondo verde di
Pierre Bismuth (sia per il senso delle parole, sia per l'impaginazione
grafica). Quasi all'ingresso l'opera di Minette V�ri. La noti perch� si
muove: sono due piccoli video incastonati nel muro, dove lo stemma del
paese dell'artista � in continuo dissolversi e ricomporsi, formando
nuove immagini.
Addentrandosi nel padiglione, si incontrano il lavoro pittorico di
Federico Herrero, picassiano alla Guernica (ci invita a scoprire cosa si
nasconde nei suoi incastri tutti su una sola parte della tela), le opere
di Manuel Ocampo (allegoria pittorico/politica), di Richard Tuttle
(semplici compensati colorati che evocano geometrie naturali e leggere),
di Marko Leanka (monumenti noti trasformati in arte "rurale"), di Keith
Tyson (una serie di enormi, colorati, appunti di un lavoro forse
inesistente), di Eulalia Valldosera (una stanza trasformata in
"planetario" in cui vengono proiettati sulle pareti oggetti quotidiani).
di Maaria Wirkkala (su una pietra nera � proiettato il corpo di spalle
di chi passa, ripreso da una telecamera e quindi in continuo movimento).
L'artista � presente anche all'Arsenale con un arca di No� fatta di
animaletti giocattolo di plastica, posti su un lungo tavolo con la
Bibbia e il Corano e ai lati.
Bel lavoro quello di Loris Cecchini, anche tecnicamente. Una cella
carceraria ricostruita in materiale plastico che simula verosimilmente
il cemento e il metallo ma tutto in plastica bianca tenera. La cella,
chiusa, si muove grazie ad un sistema di ventilazione, dall'interno,
mutando la sua forma in continuazione.
Questi artisti puntano l'obiettivo sul coinvolgimento mentale e
visivo/tattile, ognuno in modo diverso, passando dalla tecnologia al
tradizionale e viceversa.
Uscendo dai Giardini, e seguendo il percorso indicato, si giunge
all'Arsenale in circa dieci minuti ma se avete gi� male ai piedi o allo
stomaco (siete per caso passati dal bar?!) c'� un vaporetto che con lire
6000 vi porta fino l�.
La maggior parte delle opere presenti in questo spazio (formato da
Corderie, Artiglierie, Isolotto, Tese e Giardino delle Vergini e
Gaggiandre, ambienti affascinanti e inquietanti allo stesso tempo) sono
video e grandi fotografie illuminate sul retro. In molti casi, senza
nulla togliere alla di alcuni come Hugo Ibarra Palma, James David
Tischler, Arnold Odermatt, Lars Siltberg, Gustavo Artigas, in molti casi
si ha la sensazione (soprattutto per certi video) di fare i "voyeurs",
un po' troppo, un po' troppo di moda.
All'Arsenale trovo i bei lavori di Maurizio Cattelan e Richard Serra.
All'opera di Cattelan non ci si pu� avvicinare, ma verrebbe tanto la
voglia di farlo. si � trattenuti senz'altro dal forte odore di
carburante proveniente dagli enormi serbatoi presenti nello spazio
espositivo. L'opera coinvolge molto probabilmente per il soggetto (il
papa, ricostruito in modo umanamente fedele, accasciato a terra su una
moquette rossa, colpito da un masso nero). Al contrario, nell'opera di
Serra si deve entrare: un'enorme scultura a spirale, come un gigantesco
foglio di lamiera arrotolato, da percorrere in modo circolare,un
percorso a volte claustrofobico perch� le pareti inclinate della spirale
si avvicinano al tuo corpo, fino ad arrivare al centro. Qui non trovi
niente ma senti il peso della materia che ti circonda, il silenzio, la
solitudine, la riflessione.
Quelli descritti sono gli artisti che ho trovato appassionanti, per i
quali � valsa la pena di visitare l'esposizione. Forse non sono tanti,
considerando il numero dei presenti. Ma si sa, gli artisti che "danno da
mangiare" sono pochi, sempre.
Perch� dovreste visitare la Biennale? Perch� l'arte deve sempre far parte della nostra vita per comprenderla meglio, per riflettere, per divertirsi, per capire che � possibile esprimersi in modi personali e diversi, nonostante il nostro quotidiano possa apparire scontato e omologato. Platone affermava che gli artisti sono pericolosi. Forse alcuni di quelli presenti alla 49� Biennale di Venezia lo sono. Cosa vuol dire essere pericolosi oggi? Ditelo voi. La Biennale � aperta fino al 4 novembre. Fateci un giro!
Elisabetta Coppola